E c’è ancora chi dice che nell’affido il problema dei RESI non esiste.
Chi sbraita che nessun bambino (né grande né piccolo) sia mai stato restituito dalla famiglia affidataria prima della scadenza del progetto di affido.
Eppure a noi MammeMatte ne passano di storie sottomano: le sole che a me e a Emilia un giorno saranno capaci di farci girare pagina per aprire una distribuzione di Aperol sulle spiagge calabresi.
I bimbi restituiti sono tanti. Non solo dopo poche settimane in famiglia, ma anche dopo interi mesi durante i quali il bimbo ha chiamato “mamma” e “papà” gli affidatari…
Bambini riportati al mittente, che vivono un secondo rifiuto, un secondo abbandono (anche se alle volte, magistralmente, sono capaci di inviare messaggi completamente contrari alla sofferenza che stanno vivendo).
Questo è. Senza giudizio sulla famiglia accogliente (alla quale oltre al desiderio e alla consapevolezza della scelta dimostrata sul momento, commisurata alla propria capacità emotiva e alla propria esperienza di vita, cosa può essere chiesto di più?), ancor meno senza giudizio sul minore (e sul suo coraggio nel buttarsi a occhi chiusi, rinnovando una fiducia persa negli adulti, in un progetto di Famiglia, di cui spesso non conosce nemmeno il significato).
Il senso di responsabilità probabilmente va addebitato alle istituzioni.
Dietro alla più che mai abusata frase “le famiglie non vanno lasciate sole” c’è una grande realtà.
Dal momento dell’abbinamento in poi, la Famiglia accogliente va ACCOMPAGNATA, SOSTENUTA aggiungerei, senza farmi troppi scrupoli, OBBLIGATORIAMENTE.
Le istituzioni devono assumersi la responsabilità dell’Accoglienza, Accogliendo chi Accoglie.
E questo è necessario soprattutto nella primissima fase, la più delicata, quella del primo anno dall’inserimento in famiglia.
Perché l’amore non basta, l’affido è faticoso e la famiglia va educata a chiedere aiuto prima di arrivare al fatidico punto di non ritorno.