Affido sì, Adozione no, solo in casi particolari: art.44


Affido e Adozione sono due percorsi completamente distinti.

L’affido è caratterizzato dalla temporaneità del collocamento del minore al di fuori della propria famiglia di origine e dal mantenimento dei rapporti con quest’ultima (temporaneità funzionale al recupero della famiglia e quindi finalizzata al reinserimento del minore nella famiglia bio).

L’adozione è invece l’istituto giuridico grazie al quale soggetti rimasti senza genitori naturali, o da questi non riconosciuti, possono diventare figli legittimi di altri genitori.

In Italia, per Legge, l’adozione è preclusa ai single e alle coppie omosessuali.

L’affido, invece, è aperto a tutti: single, coppie etero e omosessuali, con o senza figli, coniugate o meno. Sempre nel supremo interesse del minore.

Insomma, la normativa italiana non prevede la possibilità che le coppie omosessuali possano adottare: nemmeno la Legge Cirinnà, pur regolando le unioni civili, lo ha previsto.

Vediamo però come, anche se la normativa italiana non ha previsto l’adozione di bambini da parte di single e coppie dello stesso sesso, nel tempo, è stata la stessa giurisprudenza (cioè i giudici italiani) a riconoscerla.

Il vuoto normativo, infatti, non ha impedito, alla giurisprudenza di esprimere il proprio parere favorevole in materia uniformandosi a quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo secondo cui la relazione stabile di una coppia omosessuale rientra a pieno titolo nella nozione di vita familiare.

Così, nel tempo, incontriamo sentenze storiche con le quali alcune coppie omosessuali hanno potuto adottare un minore.

La giurisprudenza ha dunque colmato la lacuna legislativa riconoscendo al genitore omosessuale (genitore sociale) la possibilità di adottare il figlio del partner (genitore biologico), ove sussista un legame familiare stabile, sempre nel preminente interesse del minore
(perché il minore ha diritto di godere della relazione affettiva instaurata con le persone che, di fatto, fanno parte della sua vita a prescindere dai legami genetici e dall’orientamento sessuale).

Alla base di queste sentenze vi è l’art.44 della Legge 184/1983 (Diritto del minore ad una famiglia) laddove vi sia impossibilità di affidamento preadottivo: così il minore (figlio biologico o adottivo) di uno dei due coniugi, può essere adottato dall’altro coniuge.

Ebbene, questo è proprio il caso di una coppia omosessuale: il minore può essere adottato dal partner del genitore biologico (biological parent) e l’adottante sarà il genitore sociale (step–parent).

Il partner del genitore biologico potrebbe essere convivente con l’altro; oppure i due potrebbero essere parte di un’unione civile o ancora potrebbe trattarsi di una coppia omosessuale che si è unita in matrimonio all’estero.

Secondo i Giudici, infatti, l’impossibilità di affidamento preadottivo ricorre anche nei casi di mera impossibilità di diritto (ovvero quando il minore non è in stato di abbandono ma è nel suo interesse provvedere al riconoscimento giuridico di rapporti di genitorialità
diversi e più completi). In questo modo i Giudici garantiscono un riconoscimento giuridico a relazioni affettive stabili e continuative.

Di conseguenza, secondo mera logica normativa, l’adozione in casi particolari (già possibile alle coppie eterosessuali e alle persone singole) si è potuta aprire anche alle coppie omosessuali.

Vediamo più nel dettaglio in cosa consiste l’adozione in casi particolari, art. 44, introdotta dalla legge n.184/1983 per tutelare il diritto del minore alla famiglia anche quando l’adozione legittimante (che interrompe i rapporti tra il minore e la famiglia di origine) non è possibile.

Infatti, con l’art.44, anche i soggetti che non hanno i requisiti per procedere all’adozione legittimante, possono diventare adottivi.

Teniamo sempre presente comunque che adozione in casi particolari e adozione legittimante (tradizionale) non vanno confuse.
Sono diversi proprio i presupposti per cui nascono e sono diversi gli effetti: nell’adozione in casi particolari il minore non è in stato di abbandono (art.7) ed è previsto il mantenimento inalterato di parentela con la famiglia di origine.

Ora per concludere vediamo quando è possibile l’adozione in casi particolari, sempre nel rispetto del preminente interesse del minore (art. 57, 1° comma):

  • è possibile da parte di persone legate da vincolo di parentela entro il sesto grado con il minore, o da preesistente stabile rapporto, se orfano di padre e di madre; qui il legislatore accorda la possibilità dell’adozione alla famiglia intesa nella sua massima estensione e alle persone che con il minore hanno già instaurato un vincolo affettivo durante la vita dei genitori;
  • è possibile da parte del coniuge nel caso in cui il minore sia figlio dell’altro coniuge (anche se adottivo); è implicito che deve essere trascorso un certo periodo di tempo dal matrimonio e che il rapporto con il minore si sia consolidato;
  • è possibile quando il minore sia portatore di handicap ai sensi della legge 104/1992; anche se orfano di padre e di madre ma non in stato di abbandono, ovvero avente parenti che comunque potrebbero accudirlo;
  • è possibile quando vi sia la constata impossibilità di un affidamento preadottivo; l’impossibilità di affidamento può essere intesa come impossibilità di trovare una coppia per quel minore perché problematico, troppo grande di età o non dichiarato in stato di abbandono; o ancora se il minore ha già vissuto percorsi adottivi o affidatari precocemente interrotti.

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