“Tutti i disabili sono eterosessuali?”


 

Venerdì 12 Maggio, alle ore 18, ONLINE, ci siamo incontrati all’

HAPPY HOUR DELLE MAMMEMATTE

per
S-parlare di Sesso nella Disabilità

e anche qui noi MammeMatte abbiamo cercato (come al nostro solito) di portare avanti la Cultura dell’Educazione alla Diversità al di là di ogni stereotipo e generalizzazione.

Il tema era ancora più scottante trattandosi di “Sesso nella Disabilità dei propri Figli”: ci siamo accorte fin dall’organizzazione dell’evento che i papà non ne vogliono proprio sapere; alcune mamme dicono che questo è un problema che non le riguarda perché i figli sono ancora troppo piccoli; altre sostengono a gran voce che il proprio figlio gode di una forma angelicata tale da non aver mai mostrato alcun impulso sessuale!

Insomma, il sesso nella disabilità è ancora oggi un tema connotato da tabù e pregiudizi dai quali ci piacerebbe che le MammeMatte imparassero a prendere distanza nel crescere i “nostri” bambini con bisogni speciali.

La sottoscritta, con AFFIDIamoci, si è affacciata all’incontro con una “domandona” dalla risposta facilmente intuibile (!) ma che lasciava spazio a possibili riflessioni sul tema dell’immaginario comune.

A rispondere, come a tutte le domande della serata, è stato lo psicologo, psicoterapeuta e counselor, Lelio Bizzarri, ospite d’eccezione:

TUTTI I DISABILI SONO ETEROSESSUALI?

Lelio Bizzarri: “Ovviamente no. L’orientamento sessuale, così come l’identità di genere, sono determinati da fattori innati che hanno a che fare con gli aspetti biologici, rispetto ai quali i fattori psicosociali possono agire come fattori secondari che incidono sul benessere psicologico. Ne consegue che anche le persone con disabilità possono avere un orientamento omo o bisessuale essendo esso indipendente dalla presenza di una disabilità.

Detto questo, bisogna tenere presente che si può verificare quella che si definisce intersezione di fattori che possono determinare discriminazione: la disabilità e un’identità sessuale che rientra in una o più categorie LGBTQ+. Per tale motivo è necessario saperne quanto più possibile, non solo per prevenire la discriminazione, ma anche favorire l’integrazione di aspetti di personalità più rari e che non trovano facilmente riscontro nel gruppo dei pari. È necessario lavorare per costruire innanzitutto un ambiente sereno in famiglia lavorando sui propri atteggiamenti. Nei genitori naturali c’è un duplice lavoro che si deve fare: prima, di accettazione della disabilità al momento della diagnosi e, successivamente, nel momento in cui c’è il coming out o comunque c’è la comprensione che il ragazzo o la ragazza ha un orientamento omo- o bisessuale. Fra i genitori affidatari in teoria ci dovrebbe essere un maggiore distacco, per minore identificazione con il figlio, ma comunque non
bisogna dare per scontato di essere esenti da atteggiamenti abilisti o omofobici. Tanto più i genitori saranno convinti dell’accettazione di questi due aspetti, tanto più si forniranno un sostegno assertivo”

 

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