“Ambasciator non porta pena” (le MammeMatte piccioni viaggiatori di storie inascoltate, felici e meno felici). Le MammeMatte dopo aver appurato la veridicità della fonte, si impegnano a recapitare il messaggio ricevuto ai Tribunali e ai Servizi sociali di tutto il territorio nazionale e, per conoscenza, alle altre realtà associative. L’anonimato della fonte è mantenuto solo per garantire la privacy del minore. La Rubrica raccoglie “posta mai recapitata”, ovvero tutto ciò che singoli genitori affidatari e/o adottivi non hanno avuto occasione di dire al proprio Giudice di riferimento.
“Caro Giudice,
questa mia lettera vorrei non venisse interpretata come un insulto ma solo come lo sfogo di una mamma affidataria che vede troppo e, purtroppo, non può fare molto se non rendersi disponibile ad aiutare bambini.
Troppi bambini AL DI SOTTO DEI SEI ANNI stazionano in attesa, in un limbo, in comunità. Per anni. Per quanto ben strutturate e gestite, niente hanno delle caratteristiche che servono ai bambini per crescere amati e curati.
Una madre presente ventiquattro ore al giorno non potete paragonarla neppure alla lontana con un educatore o educatrice che, per quanto abbia studiato e sia bravo, alla fine delle sei ore lavorative stacca e se ne va a casa sua.
Non conta se il bimbo che segue ha la febbre o il mal di pancia lo seguirà chi rimane in servizio e domani si vedrà. La legge dice che da zero a sei anni è l’affido familiare la giusta locazione per un bimbo la cui famiglia di origine non sia in grado di seguirlo ma questa legge è disattesa e non so perché: ipotesi ne potrei fare tante ma sono tutte così brutte e lontane dal ‘supremo interesse del minore’ che preferisco non approfondire.
Sono mamma affidataria di un ragazzino con ritardo cognitivo, vive con noi da due anni e mezzo ed ha fatto molti miglioramenti, lo scorso anno il logopedista valutava le sue capacità al pari di un bimbo di quattro anni e mezzo, quest’anno lui legge. Per adesso solo lo stampatello maiuscolo ma stiamo iniziando con il minuscolo, fa basket all’inizio non riusciva a palleggiare nemmeno con una mano adesso lo fa con tutte e due e mentre corre, fa musica insieme ad altri bambini, non diventerà Beethoven ma lui ama la musica e questo a noi basta.
Per riuscire a toglierlo dalla comunità dove viveva c’è voluto un anno di burocrazia e ‘rabbia’ nostra perchè quando ci lamentavamo delle lungaggini la risposta era “ma mica è in pericolo in comunità ci vive bene!”
“Ai bambini corre il tassametro della vita non rimangono bambini per sempre ed il tempo perso non si recupera”, questo rispondevo io, ma tutti mi consideravano solo una rompico@@@oni.
Facile per chi invece dei bambini ha di fronte un fascicolo dove ci sono informazioni ma non l’essenza stessa del bambino di quel bambino che pur in ‘ritardo’ ti chiede: MA QUANDO POSSO VENIRE A VIVERE CON VOI?
Dopo attente valutazioni sul grado di tranquillità del mio bambino (perché mio è) e sulla possibilità di accogliere un altro bambino ci siamo resi disponibili ad accogliere un altro bambino, più grave perchè non parla e non cammina e forse non lo farà mai ma, essendo io un operatore socio sanitario e non lavorando più, la disabilità non mi fa paura, è vero sono vecchietta, ho 50 anni, ma la volontà di aiutare ed il cuore grande per amare non mi mancano ed anche le forze e la famiglia intorno. Anche solo per il tempo che voi riusciate a trovare la famiglia perfetta.
Non siamo ancora riusciti a capire se quel bambino arriverà mai da noi ma sappiamo che è in comunità e ciò ci fa orrore, sembra che per i bambini le perdite di tempo non siano importanti: mesi, anni di immobilismo. (Fermo restando che mia figlia è disposta nel futuro a farsi carico sia del primo bambino se non dovesse rientrare in famiglia che di questo secondo se mai arrivasse).
Cari Giudici, vorremmo capire perchè deve rimanere in comunità.
Se non ci ritengono idonei sul lungo periodo perchè in attesa di una famiglia che lo voglia adottare non lo fanno vivere con noi?
In comunità vive lontano dagli altri bambini perchè avendo il sondino ritengono pericoloso farlo stare con gli altri ed essendo un bambino scarsamente reattivo nessuno interagisce con lui.
A me questa storia toglie il sonno.
Chi opera nei tribunali e nei servizi sociali dovrebbe visitare le comunità come volontari e non in veste ufficiale forse solo così le comunità si svuoterebbero e meno famiglie disponibili rimarrebbero tali solo sulla carta.
Quando ho portato a casa con me il primo bimbo una sua amica che viveva anche lei in comunità invece di salutarmi mi ha colpito con un cazzotto mentre un’altra, un pò più grande, mi disse “portami via con te, ho le scarpe posso venire” queste due manifestazioni di desiderio di famiglia (opposte nella forma ma uguali nel significato) mi fecero allontanare da li con un magone così grosso da sciupare
anche la gioia per aver portato il mio bimbo a casa. Solo dopo che le MammeMatte mi hanno detto che anche loro due hanno trovato una famiglia ho tirato un sospiro di sollievo.
Spero che queste mie parole siano in qualche modo utili a smuovere qualche coscienza.”
Una MammaMatta