Storie d’amore, storie di bambini in affido familiare.


Racconto
il desiderio di essere mamma di bambini
in affido familiare
e la scelta di esserlo di una bimba abusata sessualmente.

Un
lunedì mattina, mentre pulivo casa ascoltando musica, ho sentito finalmente quello
squillo del telefono tanto atteso da me e mio marito.

Una
telefonata che abbiamo aspettato per quasi sei mesi, da quando appunto avevamo finito
il percorso di affido che ci aveva concesso l’idoneità.

Dall’altra
parte della cornetta una voce squillante annunciava che i Servizi sociali ci proponevano
l’affido di una bimba di 5 anni.

Aggiungendo
tutto di un fiato che la piccola era stata vittima
di abusi sessuali intra familiari
fino all’anno precedente.

Il
sorriso mi si è spento sul volto.

Tutto
quello che la voce ha continuato a dire sui bambini in affido familiare, sul vissuto
della piccola, io non l’ho più sentito, avevo smesso di ascoltare.

Sono
stata colta dal panico.

La
mia reazione istintiva sarebbe stata di gridare un disperato “No” rispetto a
qualcosa che su due piedi ritenevo molto più grande di me, di noi.

Contemporaneamente
avevo paura che se avessi rifiutato quell’opportunità i Servizi sociali ci avrebbero “bollato” e magari scartato per altri
abbinamenti
.

Ero
angosciata e mi sentivo come se all’impossibilità di essere mamma
biologicamente di colpo si aggiungesse quella di esserlo in qualsiasi modo.

Mi
sentivo “cattiva”: scoprivo d’improvviso di essere incapace di abbracciare una
bambina che aveva bisogno di me.

Tutte
le belle parole che avevo professato sulla gratuità d’amore dell’affido, tutti
i sermoni e le opere di convincimento per spingere in questa direzione i miei
conoscenti, ora mi sembravano ipocrisia.

Il
trauma che aveva segnato il vissuto della piccola era troppo grande per essere
superato, e noi troppo piccoli per affrontarlo.

Evidentemente
per tutto quel tempo non avevo fatto altro che immaginare di accogliere un
bimbo “normale”, con “problemi normali” e con un “vissuto normale”.

Nonostante
mi fosse stato spiegato molto bene come spesso i bambini in affido familiare possono
avere problemi comportamentali, relazionali,
di ritardo
… per me questo era un fulmine a ciel sereno.  

Ho
telefonato a mio marito spiegandogli la situazione e continuando a ripetergli(ci)
che non saremmo stati in grado.

Lui,
dopo avermi ascoltato, mi ha semplicemente proposto di incontrare un professionista
capace di chiarire meglio quale sarebbe stato il nostro ruolo di genitori affidatari, quali strumenti
avremmo potuto usare, quale sostegno avremmo potuto dare alla piccola.

Così,
mentre facevo le mie ricerche per trovare lo psicoterapeuta che avesse
esperienza in bambini in affido familiare, mi sono sottratta a qualsiasi
possibilità d’incontro con quella che, da lì a poco, sarebbe diventata Mia Figlia,
la mia ragione di vita.

Forse
già sapevo che se l’avessi vista anche solo per un minuto non me ne sarei più
allontanata.

I
giorni successivi li ho passati cercando di raccogliere più pareri possibili di
parenti e amici.

Esausta
ho raccolto quelli che si congratulavano per “il gesto di grande umanità” nonostante
consigliavano di “prendere in affido un bambino normale”; e quei pochi che si
limitavano a suggerirmi nomi di professionisti da consultare.

Finalmente
con mio marito abbiamo incontrato uno psicoterapeuta specializzato nei bambini
in affido familiare; poi l’equipe dei Servizi sociali e infine… Mia Figlia che il
prossimo anno farà la prima elementare.

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