Storie di amore e di bambini in affido familiare: “Ho provato rifiuto per la bambina”


Quando la piccola A. è arrivata a casa, tutto quell’affetto che F., la nuova mamma affidataria, aveva sentito nei suoi confronti, sembrava essere svanito. F. di colpo si è sentita “intrappolata”, ha iniziato ad avere attacchi di pianto, a provare “rifiuto” per quella bambina che aveva tanto desiderato. F. un giorno è arrivata a pensare di “riportarla indietro”. Perchè per quanto sia difficile ammetterlo, con se stessi e con gli altri, può succedere di non sentirsi pronti (avendo pensato di esserlo), di sentirsi in gabbia, di volere tornare indietro…in quei momenti è importante riconoscere di avere bisogno di aiuto e saperlo chiedere.   

 

“E’ passato qualche mese da quando la mia splendida bimba è arrivata a casa, e adesso siamo tutti molto felici.

L’avvicinamento con la bambina non è stato dei più semplici vista la rigidità dell’istituto dove era ricoverata da ben cinque anni. Non ci ha aiutate nemmeno la distanza con la continua incertezza di riuscire a vederla o meno durante le visite. Ancora più estenuante è stato lasciarla dopo le settimane di visite dove Lei si affezionava e piangeva quando andavo via.

Nonostante tutto è arrivata la firma del Giudice che confermava l’affido e così dopo un mese dalla firma finalmente la bimba poteva venire a casa.

Anche questo mese di attesa è stato difficile da affrontare. I primi giorni sono stati euforici, confusionari, agitati, strani. La bambina è sempre stata molto gestibile fin da subito, curiosa e affettuosa. Non era mai stata al di fuori dell’istituto e io volevo farle vivere e vedere tante cose semplici.

Premetto che la bimba ha una disabilità importante come le esigenze sanitarie, è portatrice di PEG e deve assumere dei medicinali salvavita durante la giornata.

Questi primi giorni non mi sentivo una mamma ma mi sono sentita più che altro un’infermiera e forse anche questo ha contribuito a far sì che iniziassi a sentirmi intrappolata in una situazione che mi faceva respirare sempre meno. Ho iniziato ad avere attacchi di pianto durante la giornata e ad avere una sorta di “rifiuto” della bimba.

Me ne prendevo cura, la abbracciavo, la coccolavo, la portavo fuori ma era tutto molto automatico. Non sentivo più l’affetto che sentivo durante le visite. Non avevo più il mio spazio, il mio lavoro che ho modificato consapevole del fatto che la bimba aveva bisogno di me.

A tutto questo si aggiungevano dei grandi sensi di colpa perchè la bimba non si meritava anche questo. Aveva già vissuto la sua vita in un posto molto poco adatto a dei bimbi, aveva già la sua famiglia biologica assente e non interessata e ora le era capitata una mamma affidataria che non ce la faceva/voleva tenerla con se.

Più la bimba era brava e serena più mi sentivo in colpa.

Un giorno in particolare stavo guardando la bimba e ad alta voce dissi che avrei voluto riportarla indietro.

Dopo una settimana di malessere ho avuto un colloquio con il mio psicoterapeuta che mi ha aiutata a non sentirmi cattiva e inadeguata. Mi disse una cosa piuttosto importante: anche le cose belle, quelle tanto desiderate, hanno il rovescio della medaglia. C’è sempre il negativo anche nel positivo. Mi disse che ero appena diventata mamma e che la mia vita era stata stravolta di punto in bianco e che era normale avere un periodo di down.

Mi ha consigliato di prendermi qualche spazio per me, anche solo tornare a dormire nel mio letto senza la bimba. Mi disse di prendermi almeno sei mesi di tempo per trovare l’equilibrio giusto tra me e lei.

Considerando poi tutte le vicissitudini che avevo dovuto affrontare durante l’avvicinamento probabilmente avevo avuto un crollo. E poi ero stata solo figlia fino al giorno prima dell’arrivo della bimba, che di punto in bianco dipendeva da me.

Dopo qualche giorno le cose hanno iniziato ad andare bene. Ho iniziato a guardare la mia bimba con l’amore con cui la guardavo qualche mese prima.

Qualche tempo dopo ho sentito le MammeMatte, Karin ed Emilia, che stupidamente non avevo contattato quando stavo male pur non sentendomi mai giudicata da loro. Karin ed Emilia mi hanno consigliato di frequentare i loro gruppi di supporto alla genitorialità…e loro sono sempre una garanzia!

Frequentare un gruppo di persone che capisce veramente le difficoltà che si celano dietro all’affido è utile per non sentirsi soli, incompresi e sbagliati.

Oggi sono perdutamente innamorata della mia bimba. Mi sembra sia passata una vita da quando mi sentivo in trappola. In realtà sono passati solo due mesi, e ora mi sento libera di vivere la mia vita con lei.

Qualcuno in quel periodo down mi disse: ‘Bè ma lo sapevi a cosa andavi incontro’.

Non è assolutamente vero. Nessuna mamma, neanche biologica, sa com’è. Come si fa a sapere com’è una cosa che non si ha mai vissuto prima?

Quando feci il corso con M’aMa, ricordo l’argomento dei bimbi resi. Ricordo che pensai che io non lo avrei neanche lontanamente pensato di farlo. Invece l’ho pensato. Ma non lo avrei mai fatto veramente.

Quando dissi ad alta voce che volevo portare la bimba indietro ho realizzato che dovevo assolutamente fare qualcosa per stare bene con lei. Non senza di lei. Non mi sarei mai perdonata un gesto così.

Consiglio a quelle famiglie che si sentono in trappola di farsi aiutare, perchè noi adulti gli strumenti per affrontare i problemi li abbiamo. I bimbi resi no.

Se avessi portato indietro la mia bimba so per certo che oggi sarei una donna distrutta e difficilmente mi sarei ripresa.

Adesso sono qui sul divano con lei che mi regala sorrisi e sguardi d’amore immenso. E spesso quando la guardo mi chiedo come sia possibile aver pensato di non vivere la mia vita con questa meraviglia”.

Una MammaMatta (che non smette di dire che è necessario farsi aiutare)

 

Mandaci la tua testimonianza ad affidiamoci@affidiamoci.it (la pubblicheremo in forma anonima)

One thought on “Storie di amore e di bambini in affido familiare: “Ho provato rifiuto per la bambina”

  1. Come è vero ,umano ,essere affidatari non significa essere supereroi perfetti ,come è importante un gruppo di sostegno che non ci fa sentire giudicati , pre-giudicati, per chiedere aiuto senza paura

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