Testimonianze, Storie di amore e bambini in affido familiare: “Nessuna mamma affidataria, o adottiva, è meno mamma”


 

A
C., “i
n questo assurdo anno pandemico”, la vita ha
riservato il privilegio di essere
tre tipi di mamme
possibili: “Il 2020 é iniziato che ero una mamma affidataria ed é
finito trasformandomi in una mamma adottiva e nel 2021 sono diventata
una mamma biologica. Adesso so cosa si prova in tutti e 3 i casi”.

Quando
sono rimasta incinta, un’amica, ignara di dire cosa sgradevole ha
affermato: adesso proverai il vero amore incondizionato. Io l’amore
incondizionato lo avevo già provato negli otto anni precedenti,
quando nella mia vita era entrato un dolcissimo quattordicenne che
non voleva saperne di volermi bene. Quando é arrivato mio figlio
affidatario, che proveniva da un altro continente, aveva la pelle
scura e parlava un’altra lingua, ho visto un ragazzino che ha
iniziato a condurre una complessa battaglia per integrarsi e che non
voleva assolutamente perdere o scalfire la corazza di diffidenza e
indifferenza che si era messo addosso per sopravvivere da solo in
questo mondo. Per anni ho provato senza successo a convincerlo che
aveva trovato una famiglia che lo amava incondizionatamente e per
anni lui ha provato a convincermi che ero una persona qualunque e mai
mi avrebbe voluto bene. 

Ogni sera prima di andare a dormire gli ho
detto: ‘Buonanotte ti voglio bene assai’ e l’ho sentito
sbuffare di noia e angoscia. A 18 anni potevamo adottarlo, perché
poteva decidere lui e noi, ma fino ad allora non avremmo dovuto avere
figli minori perché é la clausola prevista dalla legge italiana per
le adozioni dei maggiorenni. Così seppur quasi alla soglia dei 40
abbiamo deciso di aspettare i suoi 18, completare le pratiche di
adozione e poi, se possibile allargare la famiglia o con un figlio
biologico o con una adozione. Ma arrivati a 18 anni, e fatta quella
che ritenevamo una domanda retorica sulle sue intenzioni, abbiamo
ricevuto un no.

Un no al voler diventare un figlio adottivo senza
alcuna spiegazione. Dopo un duro momento di smarrimento iniziale, di
delusione e dopo esserci messi in discussione come genitori e persone
abbiamo pensato che quel rifiuto era funzionale: se tutto fosse
rimasto uguale dopo quel rifiuto, forse un minimo di fiducia nel
fatto che lui meritava di essere amato l’avrebbe ritrovata. Ci siamo
fatti seguire tutti in un percorso psicologico, garantendo a lui in
modo esclusivo uno spazio segreto per mettere fuori quello che aveva
dentro. Sono passati 4 anni tra ti voglio bene e sbuffi, ma
soprattutto d’amore da parte nostra e impercettibili buchini nella
corazza da parte sua. La psicologa ci ha fatto capire che lui aveva
fatto la sua scelta e non era più necessario aspettare. 

Io resto
incinta e con un po’ di vergogna ammetto che non riuscivo ad esserne
felice, le possibilità di adottarlo svanivano. Perdo il bambino e la
cosa mi fa soffrire ma mi sento anche sollevata. Ci riproviamo e
succede la stessa cosa. Lui sembra soffrirne con noi, seppur a modo
suo. Allora non so, un istinto di mamma si attiva e gli chiedo se ha
cambiato idea. Risponde di sì, si gira e va a giocare alla x-box
come se avesse risposto alla domanda ‘stasera va bene la pasta?’.

Lui
ha 22 anni, io 43. Attiviamo tutto il processo e l’adozione avviene a
dicembre 2020. Ad aprile 2021 nasce il suo fratellino.

Tra
allattamento e cambio pannolini vivo una esperienza di amore
reciproco, il piccolo ha bisogno di me e io mi occupo di lui, tanta
fatica fisica, ma il rapporto si sviluppa da solo sulla base della
cura. Devo pensare a lui di continuo, perché ha dei bisogni che non
può soddisfare da solo. 

Il vero amore incondizionato é peró per il
mio primo figlio, una fatica psicologica totalizzante, un amore pari
a quello del mio secondo figlio, ma con l’aggiunta e la pretesa
purtroppo assurda di curargli tutte le ferite, di compensare con il
mio amore le amare sorprese che la vita gli ha riservato. 

Come mamma
affidataria vivevo l’incertezza del rapporto, la paura di perderlo e
non vederlo più dopo il periodo di affido, notti insonni per questo. 

Come madre adottiva mi sento più sicura, per me e per lui, perché
nonostante è un dato di fatto che la burocrazia cambia i rapporti, e
se l’amore non cambia, la percezione del senso di sicurezza sì.

Nessuna
mamma affidataria o adottiva deve sentirsi meno mamma, non c’è
genitore più appassionato e potente di uno adottivo che sceglie un
percorso complesso d’amore, ma il più profondo e incondizionato
esistente”.

Una
MammaMatta

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