Il piccolo F. ha incontrato la sua famiglia affidataria quando
aveva 10 anni, prima
“è stato restituito da 7 famiglie”. Anna e il marito erano alla loro prima esperienza di affido e quando lo hanno accolto non gli è stato raccontato nè del suo vissuto nè delle sue criticità, hanno “scoperto tutto dopo, quando F. era già arrivato in casa”. Però Anna e il marito hanno saputo combattere, affiancati dalla comunità scolastica, e oggi che F. ha 20 anni, sono ancora la sua Famiglia e lo saranno per sempre.
“Buongiorno,
sono una mamma affidataria da dodici anni di un ragazzo che
oggi ha
vent’anni. L’esperienza di questo affido ci ha insegnato ad avere
più pazienza, a capire i bisogni di un bambino che non è tuo, ad
amarlo, considerandolo a tutti gli effetti nostro figlio.
Abbiamo
combattuto con i servizi sociali e con la tutela minori per fare in
modo che il bambino avesse un’assistenza adeguata alle sue esigenze
come un tutore
che lo seguisse a scuola insieme con l’ insegnante
di sostegno; test per verificare il ritardo cognitivo; test per
dsa…. Tutto questo non era
fatto perché i servizi sociali e la tutela non vedevano la cosa
necessaria: dicevano che ormai il bambino era grande e non era più
recuperabile, ‘ritardato è e ritardato rimane’, non si può
recuperare.
Noi
genitori
affidatari
non ci siamo arresi e abbiamo fatto i vari test con il risultato di
un ‘dsa grave con livello di concentrazione basso e disinteresse a
imparare a leggere e a scrivere’.
Preciso
che il bambino è stato dato in affido a dieci anni senza una base di
istruzione, senza che fino
ad allora fosse andato a
scuola regolarmente perché aveva vissuto in una famiglia disadattata
dove nessuno dei due genitori lavorava, vivendo in una casa senza
luce né riscaldamento. Il nostro piccolo aveva vissuto anni senza
stimoli, senza
ricevere affetto, niente di niente: era stato trattato come un
piccolo animaletto, lasciato sporco e affamato.
I
servizi lo avevano preso in carico a nove anni prima di mandarlo in
una casa famiglia dove la pazienza non era
mai esistita, dove aveva
ricevuto punizioni verbali
e non solo.
Il nostro piccolo, in quella struttura, era stato considerato
troppo primitivo e gli
operatori erano
del parere che innanzitutto
fosse fondamentale ‘rieducarlo’.
Inoltre sembra che il piccolo fosse ossessionato dal sesso e che non
faceva altro che guardare le gambe alle educatrici, da
qui la ricerca estenuante di una famiglia affidataria che lo
accogliesse. Disastro assoluto: ogni volta che andava in una
famiglia, dopo nemmeno una settimana, veniva rimandato indietro, ogni
volta con una scusa diversa, ma la verità era la
sua età ormai grandicella, i suoi comportamenti particolari rispetto
al sesso, il suo ritardo cognitivo con quoziente
intellettivo bassissimo. Troppo per le famiglie affidatarie: ne ha
cambiate sette, troppe.
E
ogni volta tornava in struttura: al compimento del suo 18esimo anno
chissà
dove sarebbe andato.
Noi
siamo stati l’ultimo tentativo di collocazione: per i servizi
sociali forse la sua occasione poteva
essere solo una
famiglia che non avesse ancora fatto alcuna
esperienza
di affido, così
contattarono noi, visto
che eravamo formati ma non avevamo mai
ancora
accolto nessuno.
Un
bel giorno, quindi, con mio marito, fummo contattati per un possibile
affido di un bambino di dieci anni. Per
noi era tutto nuovo.
Educatrice,
assistente sociale e psicologa ci raccontano del bambino ma stando
attenti a non dire tutto: ci dicono
il minimo indispensabile per poter ricevere
il notsro ‘sì’
al suo affido.
E
così è stato infatti.
L’affido
è cominciato a Settembre e il bimbo entra a casa nostra dove, ad
accoglierlo, c’erano anche due fratelli, un maschio di diciotto
anni, e una femminuccia di quattordici.
Da
qui comincia tutto.
Mammamia!
che pazienza e che amore che abbiamo dato a questo bambino! A scuola
me le combinava di tutti i colori, non stava attento e si sedeva sul
banco a braccia conserte senza nemmeno togliersi il cappotto: si
sedeva lì e non si spostava in nessun modo. Un giorno intervenne
anche la direttrice della scuola, ma nulla. Ci è voluto tanto amore
e pazienza per sopravvivere con un bambino così arrabbiato e con
così poca considerazione di se stesso.
Il
nostro monello ci dava problemi anche a casa, facendo cose che non ti
aspetti da un bambino di dieci anni: era ossessionato dal sesso,
provava piacere a toccare la biancheria intima di mia figlia e,
mentre giocava, inventava e immaginava rapporti sessuali.
A
quel punto abbiamo chiesto aiuto ai servizi sociali ed è stato
allora che abbiamo saputo la sua storia vera, senza omissioni.
Ormai
l’affido del bambino era già avviato, mandarlo indietro voleva
dire essere genitori crudeli, senza amore, così siamo andati avanti
con tutte le difficoltà.
La
scuola mi ha aiutato tanto, mi ha dato la possibilità di migliorare
la sua educazione mettendo a disposizione tutto ciò che potesse
servire a un bimbo dislessico, disgrafico, discalculico.
A
casa continuava a essere una vera peste mettendoci continuamente alla
prova per vedere se lo picchiavamo, o lo rimandavamo in casa
famiglia.
Ma
tutto questo non è accaduto, il nostro bimbo è diventato un adulto
di ventun anni, lavora, ha la patente e la ragazza: è un ragazzo da
tenere sempre sott’occhio ma gli vogliamo bene.
E
adesso che scade l’affido continuerà a stare con noi, perché
siamo e
continueremo a essere
la sua famiglia”.
Una
MammaMatta