Testimonianze, Storie di amore e bambini in affido familiare: “Scelgo l’affido: so cosa significa sentirsi abbandonati”.


 

S.
sa perfettamente il significato del termine ‘Affido’, lo sa più
di molti altri e quando, ignare, ad uno dei nostri corsi cui si è
iscritta per diventare affidataria, le chiediamo di spiegarcelo,
capiamo subito che lei
sa
“cosa significa sentirsi abbandonati”.
Noi
MammeMatte
insistiamo molto sulla differenza tra affido e adozione, perché non
si faccia confusione
tra
i due istituti giuridici
,
ma S. ha ben chiar
a
la differenza e sceglie l’affido
 “perché i legami affettivi tra perfetti sconosciuti sono più
forti di certi legami di sangue” e “perché è proprio vero che
spesso vogliamo essere ‘salvati’, ma anziché aprirci e fidarci
del mondo, ci irrigidiamo e diventiamo ostili’”.

Nel
modulo con cui mi sono presentata per il percorso di affido ho
scritto: “la mia famiglia potrebbe fare di cognome Dinosauri,
perché estinta”, un modo non proprio serio ma certamente sincero
per raccontare la mia storia. In breve è andata così: mia mamma
muore diciotto giorni prima del mio diciottesimo compleanno, la
primavera dell’anno successivo mio padre mi abbandona. Altri
parenti non sono pervenuti. No, non avevo combinato nulla di male,
anzi, sulla carta sono sempre stata la “figlia modello”: ottimi
voti a scuola, tanto da diplomarmi al quarto anno di liceo classico
col cosiddetto salto, comportamento sempre rispettoso delle regole,
brava nelle questioni domestiche. E allora che è successo? Non è
questo il punto, anche perché lui, genitore XY, nel frattempo è
morto (ve l’avevo detto che appartenevo ai dinosauri!), senza mai
dare spiegazioni, senza mai chiedere scusa, e pertanto non sapremo
mai quello che davvero gli sia passato per la testa.

Ciò
che è certo è quello che è successo dopo: ho bussato ai servizi
sociali del mio Comune, una grande città, perché non avevo redditi
al di fuori di una piccolissima quota di reversibilità di mia mamma
né tantomeno un tetto sopra la testa. Mi è stato risposto che non
c’erano alloggi per le emergenze abitative e che comunque ero
maggiorenne: non potevano aiutarmi. Di fronte a questo nulla cosmico,
privo di soluzioni o quantomeno alternative, la mia salvezza sono
stati dei perfetti sconosciuti. La mia risalita, la strada che mi ha
portata qui ora a sentirmi così salda tanto da potermi offrire a
supporto degli altri, è stata costellata di gente che mi ha teso la
mano in cambio di nulla, mi ha semplicemente ritenuta degna di
un’altra possibilità. Questo è un passaggio che mi preme
sottolineare, sempre, in primis a me stessa: per una persona che ti
ha abbandonata, che non ti ha ritenuta all’altezza di…, ne hai
trovate tante altre che invece ti hanno aiutata, fidandosi solo di
due occhi e un sorriso.

Ecco
allora perché scelgo l’affido: perché so cosa significa sentirsi
abbandonati – che è molto peggio dell’esserlo solamente… la
sensazione rimane anche quando attorno non hai più il vuoto -,
perché la rete sociale può salvare letteralmente vite, perché i
legami affettivi tra perfetti sconosciuti sono più forti di certi
legami di sangue, perché è proprio vero che spesso vogliamo essere
“salvati”, ma anziché aprirci e fidarci del mondo, ci
irrigidiamo e diventiamo ostili: “ti pare che questo voglia proprio
me?”. Ebbene sì, io voglio proprio te, che vedi un presente così
cupo che non credi possano ancora esserci colori sulla tela della tua
vita. Che vorresti prendere a pugni il mondo e forse se ti tengo
fermo un saccone, ti sfoghi prima e andiamo avanti. Ma avanti ci
andiamo insieme, un pochino o tanto o per sempre, fin quando tu
vorrai. Non ho la pretesa di insegnarti nulla, anche se non posso
promettere di non fare filippiche su qualche atteggiamento
adolescenziale che mi farà accapponare la pelle, perché “ai miei
tempi…”. Di certo non potrò indicarti nessuna via, perché sono
la regina dello sbagliare strada e allungare il tragitto, ma posso
assicurarti che “perdersi” a volte può diventare sinonimo di
scoprire e che se non si borbotta per il tempo perso, ma ci si guarda
attorno a godersi panorama e persone, può anche capitare che ci si
ritrovi proprio nel posto giusto al momento giusto, anche se non era
esattamente quello che ci si era immaginati.


E
se devo dirtela tutta, non aspiro minimamente a sentirmi chiamare
“mamma”, anche se già mi dicono che comunque mi ci sentirò. La
mia speranza, il mio augurio per te, è che l’affido duri il meno
possibile, perché vorrà dire la tua famiglia di origine è riuscita
a superare le difficoltà e i problemi che ti avevano separata da
lei. Anche “dopo”, comunque, sappi che io ci sarò sempre: per
una chiacchiera, un abbraccio, una passeggiata reale o metaforica, un
confronto, un fardello da tenere un po’ insieme, un futuro tutto da
scrivere…
”.

Una
MammaMatta
ad
honorem

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