Storie di amore e di bambini in affido familiare: “A Laurentino 38, il miracolo dell’inclusione”


T. è un insegnante di sostegno e lo è per scelta, per desiderio e per passione. Sceglie di farlo ogni giorno, al contrario di quanto abbia potuto scegliere l’Istituto dove farlo, a Laurentino 38, una scuola nella quale T. all’inizio si rifiuta di stare, ritenendola “un riformatorio, una sorta di prigione” dove però, un bel giorno, assiste al “miracolo dell’inclusione” e scopre che anche quel mondo condivide una delle regole più importanti della sua vita: i più piccoli devono essere al centro.

Prof, ‘sto weekend me so’ fatto ‘n motorino!-

-Ah, che bello! Fammelo vedere, dov’è parcheggiato

-Ma che è scema? Me lo so’ rivenduto a Torbella, te pare che ce venivo  scuola?!

È un anno e mezzo che lavoro in un professionale ai ponti, a Laurentino 38 e ho imparato tante cose…ad esempio, che me so’ fatto significa ho rubato, e che i motorini si fanno per rivenderli, ché chi per caso qualche volta ha ceduto al desiderio di tenerselo e farcisi un giretto è sempre inesorabilmente stato fermato. Alcuni dei miei ragazzi a 16 anni hanno un avvocato di fiducia, la maggioranza se ne ha bisogno si deve accontentare di quello assegnato d’ufficio, ma a prescindere dalle differenze sociali tendono a fare tutti la stessa vita.
Hanno un codice morale condiviso e molto rigido: ad esempio, rubare è ammesso, ma non a una donna.

Quando sono stata assegnata a questa scuola venivo da un liceo dell’altra parte di Roma, avevo abbandonato le mie studentesse con il dizionario sotto il braccio e le piangevo ogni mattina. Mi pareva d’essere arrivata in un ambiente ostile, in una sorta di riformatorio, in una prigione…e pensavo che io non ero mica il protagonista di Mary per sempre, lì dentro non ci volevo stare a nessun costo.

Ma ho imparato presto che una delle regole del codice dei miei ragazzi è la stessa che cerco di prendere a ispirazione come guida della mia vita: i più piccoli devono essere al centro.

E così l’anno scorso, in una prima di quasi tutti maschi, con diversi ragazzi pluribocciati, si è realizzato il miracolo dell’inclusione:

Mattia parla male, cammina con poco equilibrio, non sa leggere né scrivere, conta fino a 3, e quando va in frustrazione diventa violento e tira schiaffi e calci, tanto con gli adulti quanto con i compagni. Fino alla terza media non ha mai avuto amici e ha passato tutta la sua vita scolastica fuori dalle aule, da solo, con gli assistenti e gli insegnanti di sostegno…ora, nel più sfigato professionale di Roma, è il ragazzo più popolare della scuola.

Quando si gioca a pallone, ogni tanto s’interrompe la partita, e Mattia tira un paio di rigori. Di solito fa goal, ma se la palla va fuori ci pensa Simone, il suo migliore amico, a rimetterla dentro, ed esultano insieme. Simone ha i piedi d’oro, e a Mattia importa solo di vedere il pallone entrare nella rete e di poter abbracciare il suo amico.
Quando gira per la scuola, saluta tutti, conosce tutti, e da quando ha il telefono si fa dare i numeri di tutti…per poter prendere i numeri di telefono, sta imparando le cifre da 1 a 9.

A volte, per gioco o per rabbia, dà uno schiaffo a qualcuno: prendere uno schiaffo senza ridarlo è inammissibile, ma gli restituiscono appena una carezza, e una lunga ammonizione su quanto sia sbagliato usare le mani.

E quello di Mattia non è un caso isolato.

Mirko è un ragazzo autistico, parla tanto, ma solo delle sue grandi passioni: nomi e iniziali di tutta la scuola, fermate degli autobus e ospedali. Lo scorso anno è stato bocciato, e quest’anno ha cambiato classe, ed è stato inserito nella seconda peggiore della scuola.

Una classe dove si fa un consiglio disciplinare a settimana, dove fare lezione è un’impresa improba, dove il rispetto va conquistato con le unghie e con i denti, un centimetro alla volta, e va difeso poi ogni giorno. Eppure, quando all’inizio dell’anno, nel caos totale, provavo a proporre un’attività da fare tutti insieme con Mirko la voce di un ragazzo si è levata, ben più alta della mia Aoh, ve volete sta’ zitti?! Sta spiegando il gioco! Mirko aspetta noi!, e per un’ora abbiamo giocato ad Indovina chi nel più completo silenzio.

Ogni volta che Mirko entra in classe ci si ferma per salutarlo, quando si impunta arriva sempre qualche compagno o compagna a parlarci e convincerlo, e per lavorare con lui durante la lezione bisogna prenotarsi, tanto è lunga la fila di chi vuole farlo.

E allora penso che avevo ragione, non sono il protagonista di Mary per sempre, ma sono 10, 100 volte più fortunata di lui, e che ho tanto ancora da imparare, giorno dopo giorno, dai miei ragazzi dei ponti”.

Una
MammaMatta (insegnante di Inclusione)

Mandaci la tua testimonianza a: affidiamoci@affidiamoci.it (la pubblicheremo in forma anonima)

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