DALLA DOPPIA APPARTENENZA AL CONFLITTO DI LEALTA': Quando amare diventa una questione di correttezza (e di nervi saldi!)

Come gestire le emozioni che emergono quando un adolescente in affido si trova sospeso in un limbo, a volte per anni? Nell’affido – che sempre più spesso diventa un sine die – i ragazzi si ritrovano incastarti in una doppia appartenenza: due famiglie, spesso culturalmente distanti e, in alcuni casi, persino in competizione. 

Ed è proprio qui che inizia il conflitto interiore. Se l’adolescente si affeziona agli affidatari, può sentirsi sleale nei confronti della sua famiglia biologica. E viceversa: se mantiene un forte legame con i suoi genitori d’origine, potrebbe avvertire un senso di tradimento verso chi ora si prende cura di lui. Una sorta di altalena emotiva dove a ogni slancio d’amore corrisponde un senso di colpa.

Questa doppia appartenenza genera inevitabilmente un conflitto di lealtà, un’esperienza comune a tutti i minori in affido (che, probabilmente, se fosse affrontata da operatori competenti ancora prima dell’abbinamento con la futura famiglia affidataria, le cose andrebbero di gran lunga meglio).

Da qui smarrimento, rabbia, dolore: questi gli stati d’animo.

Sfida, provocazione, disconoscimento: queste le manifestazioni.

Il nostro ragazzo, infatti, si sentirà confuso, arrabbiato, in colpa o, addirittura (cosa mooolto comune), comincerà ad attivare (inconsapevolmente) comportamenti provocatori per mettere alla prova la famiglia affidataria. Un atteggiamento tipico soprattutto della fase iniziale dell’affido, anche se per molti adolescenti dura anni, tanto da diventare necessario l’intervento di un professionista che lavori sul distacco e la separazione.

I genitori affidatari come possono affrontare questa fase?

Gli interrogativi sono tanti:

Come evitare che il nostro adolescente sia sovrastato dai sensi di colpa nell’amarci, quando è anche legato alla sua famiglia biologica? Come fargli capire che non la sta tradendo?

Come fargli capire che non è colpa sua se è stato allontanato?

Forse credendo in lui, facendogli sentire che la famiglia dove sta c’è e lo accetta incondizionatamente, con tutto il suo vissuto, senza alcun giudizio.

O forse cercando di fargli superare il senso di colpa che prova nel volere bene ora all’uno ora all’altro, mostrandogli che è possibile amare più persone contemporaneamente, senza compiere alcun tradimento.

Sicuramente utilizzando una comunicazione chiara, autentica (se ci si riesce un tantino ironica) e mai contraddittoria (perché questi bimbi sono stati già traditi mille volte e non amano le bugie, nemmeno le più piccole).

Un punto cruciale, poi, in questa fase -che no, non si può proprio ignorare- è il rapporto che la famiglia affidataria ha interiorizzato con la famiglia biologica del ragazzo. Perché sì, anche il più taciturno tra i ragazzi in affido, quello che sembra ignorare del tutto il tema, in realtà non lo fa per disinteresse, ma perché affrontarlo è complicato. Diciamo pure che, tra silenzi e sguardi sfuggenti, dentro di lui si agita un groviglio di emozioni non da poco.

La famiglia d’origine, piaccia o no, resta un nodo centrale nella sua vita. E gli affidatari? Devono diventare equilibristi provetti: essere un punto di riferimento, ma senza invadere; accompagnarlo nel ri-conoscimento dei propri genitori, e senza giudicarli né mettendosi in competizione. Insomma, vietato fare passi più lunghi della gamba. E regola d’oro: mai parlarne male! Se c’è qualcuno che può permetterselo, quello è solo il ragazzo stesso.

Ma attenzione, questo non significa essere genitori a metà. Anzi, significa esserlo fino in fondo. E con grande maestria!

Ci sarebbero tante altre cosa da dire perchè sulla teoria possiamo discuterne fino a domani, ma è nella pratica che inizia la vera sfida…anche per gli esperti con mille lauree!

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One thought on “DALLA DOPPIA APPARTENENZA AL CONFLITTO DI LEALTA’: Quando amare diventa una questione di correttezza (e di nervi saldi!)

  1. Completamente d’ accordo. Penso che dobbiamo imparare anche noi a riconoscere le emozioni senza paura perché conoscerci ci permette gestirle senza soffocarle e senza farci travolgere . Un esercizio quotidiano impegnativo, ma una valida abitudine,non solo per genitori affidatari del resto

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