E come in tutti gli affidi che si rispettano…è arrivato il momento del “Non voglio stare qui, voglio tornare nella struttura precedente“
Eh sì Marco, proprio lui. Quel nostro ragazzino appena ventenne che, con lo sguardo da cucciolo impaurito, arrivato in Fondazione mi ha sussurrato qui si respira Amore; quello che fino all’altro ieri si era programmato di riprendere gli studi liceali dicendo caparbiamente a chiunque incontrasse: Voglio riprenderli dall’inizio, farmi gli interi 5 anni perché qui sono finalmente in Famiglia; quello per cui abbiamo lanciato una raccolta fondi (la prima nella storia di M’aMa) per creargli un percorso riabilitativo concertato da un intero team di figure professionali; quello che ho imparato ad amare rischiando, spesso e volentieri, di confondere la mia parte M’aMa con quella puramente personale (e biografica).
Eh sì, proprio lui.
Ora quel Marco, il nostro Marcolino (tenero, ballerino e sensibile più di un monaco buddista) si è trasformato in un lucido e spietato giovane nerd che contesta qualsivoglia regola di convivenza; ha assunto le sembianze di un abile oratore che, annoverando tutte le più infinitesimali divergenze di vedute presenti nella nuova comunità, passa al grido qui mi sento solo con lacrime e broncio annessi.
Fiumi di parole (anche sensate se volete) per argomentare riflessioni che lo portano ad una unica conclusione: voglio tornare indietro, un mantra che ormai ripete ogni giorno con una convinzione che potrebbe quasi sembrare ammirevole, se non fosse così dannatamente preoccupante per lui.
I primi segni di cedimento sono stati quasi comici.
Ho bisogno di tempo per me, ha sbottato davanti alle attività organizzate dalla Fondazione.
Se finisco i pasti prima degli altri, pulisco il mio piatto e me ne vado, ha motivato abbandonando la tavola in quelle rarissime volte che ha onorato della sua presenza i commensali.
Ogni proposta di partecipazione alla vita comunitaria è stata accolta da un’espressione di orrore, e diciamo pure di stizza.
Ogni regola di convivenza l’ha vissuta come una sfida personale, e ogni orario da rispettare, come una provocazione.
Fino a quando siamo arrivati al fatidico: Voglio tornare in struttura”.
Con Emilia ce lo aspettavamo…ma non così presto! Immaginando tra l’altro che i giorni trascorsi tra massaggi, piscina, mare e ristoranti, in compagnia di Rinascita, avrebbero rallentato la comparsa di questa crisi.
Una crisi che avevamo preventivato perché fisiologica, attraversata da tutti i nostri adolescenti in affido, una crisi che troppo spesso ha un epilogo di interruzione del percorso intrapreso.
Così, in Marco, nel giro di pochissimi giorni, la proposta di appartenenza a una forma di famiglia allargata e i teneri tentativi di avvicinamento da parte dei nuovi compagni di viaggio, hanno scatenato il terrore, un terrore che riconosco perfettamente, che ha radici profonde: quelle dell’abbandono.
E in questa crisi ci sono finita anch’io, per quanto fossi pronta già da tempo ad affrontarla. Non c’è che dire, ne sono rimasta invischiata: mi sono sentita inadeguata, responsabile, impotente al pari di una mamma affidataria che dopo aver conosciuto il proprio adolescente in avvicinamento, una volta a casa non lo riconosce più.
Con la morte nel cuore ho dovuto fare un passo indietro lasciando il posto ad Emilia (necessariamente più lucida e coerente di me).
Con i fondatori di Rinascita abbiamo messo su, mattone dopo mattone, un compatto e adulto muro genitoriale nel quale confinare Marco facendolo sentire Accolto. Ma è stato faticoso: contenimento e distacco, contenimento e coerenza, contenimento e restituzione.
Costretta e costretti a rimanere adulti, per lui decidiamo noi, sappiamo quale sia il suo bene al di là delle sue parole (che possono e fanno male).
Marco non è in fuga dalle regole, è in perenne fuga dalla fiducia.
Se da anni non ha fatto altro che chiedere una Famiglia dove rifugiarsi, è anche vero che non conosce il significato di ciò che desidera, perché Marco non ha mai vissuto in Famiglia.
Le crisi quotidiane di Marco (quelle che aggancerebbero visceralmente qualsiasi adulto senziente facendolo sentire inadeguato, impotente fino a fargli dire “allora torna da dove sei venuto”) le ri-conosco a menadito, sono quelle del Voi non siete nessuno, voglio tornare nella struttura di prima”.
La nostra risposta è degna di un manuale d’istruzioni sui perfetti genitori affidatari.
Marco può gridare, sbraitare e fare i capricci, ma noi rimaniamo affianco a lui, fermi e saldi come rocce nell’accoglierlo qui, dove aveva scelto di stare, dove deve continuare a stare per costruire il suo presente.
Rinascita e noi, uniti come una squadra di supereroi (ora un po’ ciancicati), sostenendoci a vicenda per sostenerlo, perché sappiamo che, dietro a questa ribellione, c’è solo un ragazzino con tanta paura di affidarsi.
(Karin)
PS. Chiunque volesse far arrivare un messaggio a Marco, può inviarlo via whatsapp al 3398322065 (Karin) oppure al 3317910854 (Emilia) e glielo faremo recapitare::))
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One thought on “DIARIO DI MARCO – 31 luglio 2024: “Voglio tornare in comunità””
Ci vuole pazienza sono 12 anni che lo vivo con la mia fuggitiva e crisi di abbandono La mia cucciola masuma come te quando conosci il bello che pensi di non meritare fai capricci per vedere se ti tengono il bambino cattivo che tutti avevano abbandonato
Devi capire che sei a casa e tvb e non aver paura questo il tuo problema paura di perdere così tante cose belle soprattutto di non meritare tvb tutto fossi vicino ti aiuterei