Gli affidi sine die non rendono le cose più semplici: tecnicamente temporanei, praticamente eterni, non previsti dalla legge, usati nel 75% dei casi si prorogano senza fissare scadenze e, quando arriva la maggiore età, stop! Tutti a casa (che però non c’è).
Così capita che il compleanno più atteso, quello dei diciotto, venga festeggiato in comunità o in casa dei nostri affidatari single o in coppia omogenitoriale, portando con sé la domanda più scomoda di tutte: “E adesso che succede?”.
Se il ragazzo non può essere adottato dalla famiglia affidataria, e non può (o non vuole) rientrare nella famiglia di origine, rimane a casa degli affidatari come semplice ospite?
E non parlo di situazioni problematiche: immaginiamo un ragazzo che, compiuti i 18 anni, desidera continuare a vivere con chi lo ha cresciuto e magari iscriversi all’università. Qual è allora il quadro normativo e pratico?
La risposta, spesso, è un salto nel vuoto: niente rete di sicurezza, niente casa, niente garanzia di continuità.
Esiste però un istituto giuridico che può cambiare le cose: il prosieguo amministrativo che permette al Tribunale per i Minorenni di prolungare la tutela fino ai 21 anni, garantendo al ragazzo la possibilità di completare il percorso educativo, formativo o lavorativo iniziato.
Sembra perfetto, no? Peccato che non sia né automatico né applicato in tutte le regioni.
Alcuni tribunali lo accolgono con serietà, altri sembrano preferire l’archiviazione rapida del fascicolo. Perché chiudere un fascicolo è facile, accompagnare un ragazzo meno!
Un passo avanti è arrivato con la legge n. 70 del 17 maggio 2024 (in vigore dal 14 giugno 2024), che ha modificato l’art. 25 del R.D.L. n. 1404/1934.
La norma parla di “misure rieducative” per ragazzi con problematiche gravi, ma la giurisprudenza (e il buon senso) hanno ampliato il campo: diversi Tribunali per i Minorenni, come Venezia e Caltanissetta, la applicano anche a giovani fuori famiglia senza particolari criticità, purché impegnati in percorsi educativi, formativi o professionali.
In pratica: non serve aspettare che un ragazzo sia “problematico” per garantirgli continuità. Basta che stia costruendo il proprio futuro. Ripeto non tutti i Tribunali lo applicano, almeno però si può provare.
E fare domanda di prosieguo non è nemmeno tanto complicato se il ragazzo, prima dei 18 anni, decide di farla (affiancato da avvocato o associazioni che lo sostengono), o la fa lo stesso servizio sociale o il tutore.
La domanda presentata in Tribunale, deve comprendere una relazione dei servizi sociali, la prova che esista un progetto di inserimento lavorativo o educativo, un progetto individualizzato (tipo PEI, che fa sempre scena) e, prima di ogni altra cosa, la certezza che la famiglia d’origine non sia pronta al rientro del ragazzino.
Ma domandare è lecito e rispondere è cortesia.
Nonostante il proseguo sia richiesto quando istituzioni e ragazzo stesso ritengono che sia necessario maggior tempo per raggiungere l’autonomia, quando si crede necessario che il Tribunale prolunghi la tutela per quel ragazzo…il proseguo spesso non è cosi facilmente accessibile.
Perchè?
Perchè alcune regioni lo applicano, e altre fanno finta di non sapere cosa sia.
Perchè forse il Tribunale, arrivati ai 18 anni, preferisce archiviare e togliersi di mezzo quel fascicolo
O forse perché mantenere un ragazzo in affido oltre i 18 anni…costa!
Così ci ritroviamo che mentre la legge dice che a 18 anni il nostro ragazzino è adulto, la realtà ti dimostra che è adulto solo sulla carta d’identità. E solo se è fortunato ed è nato nella regione giusta, con un po’ di incastri burocratici, ha la possibilità di rimanere “figlio a tempo determinato” fino a 21.

