Vi ricordate quando, solo la settimana scorsa, Mara mi scriveva trafelata: Domani è il compleanno di T., compie 18 anni?
Ecco, in un anno anno Mara è passata dall’essere una giovane donna single che si stava avvicinando all’affido a una Mamma (gridato a squarciagola una notte di fine luglio) di una 17enne, oggi 18! La sua è una di quelle storie che dimostrano come l’Amore non abbia età.
“Quando ho pensato la prima volta all’affido, pensavo ad un bambino o ad una bambina piccoli, immaginando le lotte e le gioie di tutti i giorni: un abbraccio, i capricci per non fare i compiti, la paura di addormentarsi da soli.
Quando mi è stato chiesto di indicare una fascia d’età ho detto che non ne avevo una preferita, ho scritto 0-18, perché non ho mai pensato che i ragazzi più grandi fossero persi, difficili, o valessero meno…ma lo stesso, se devo essere onesta, continuavo ad immaginare un bimbo.
Poi mi è stato proposto l’abbinamento con T., una ragazza di 17 anni.
So che a tanti gli adolescenti fanno un po’ paura, e se devo pensare a quando li avevo io 17 anni…avrei fatto scappare qualsiasi affidatario (e infatti, di aspiranti affidatari non ne ho avuti, ma di adulti ne ho fatti scappare tanti!). Sapevo tutto, me la cavavo sempre da sola, non avevo bisogno di niente. Qualsiasi gesto di cura lo avrei respinto, rigettato, vissuto come un’intromissione e una violenza…Devo dire la verità: forse se il mio immaginario sull’adolescenza fosse stato formato solo dai miei ricordi, non me la sarei sentita.
Per fortuna con i ragazzi ci lavoro tutti i giorni, perché sono insegnante in una scuola superiore…e ho imparato che, in fondo, per stare accanto ai ragazzi non serve tanto.
Basta una presenza che non abbandona, un silenzio, un creare spazio. Il resto viene da sé.
E allora ho deciso di provarci.
Quanto ti ho dovuta aspettare, T.!
Mi hanno parlato di te per la prima volta il 18 settembre. Ci siamo incontrate il 15 dicembre.
Prima di incontrarti mi sono confrontata con altre famiglie affidatarie, per capire cosa aspettarmi, ma pareva che nessuno avesse vissuto questa esperienza con un ragazzo. Mi è stato consigliato di portare dei piccoli giochi o delle merendine…Mi è stato raccontato di bambini che si nascondevano sotto il tavolo, di bambini che correvano ad abbracciarti…Ma cosa aspettarmi da questo incontro non me lo ha detto nessuno.
E in quel primo incontro, così strano, così artificiale, noi due a cercare di conoscerci, di capirci e -senza ipocrisia- di piacerci…in mezzo a psicologhe, assistenti sociali, operatrici della casa famiglia…
Quel primo giorno sono uscita dicendo non ho sentito nulla.
Ma era una bugia enorme: avevo sentito una grande paura, un gigantesco senso di inadeguatezza…
E io sì, ci ho messo del mio, l’inadeguatezza me la porto sempre appresso, ma pure tu! Mi hai detto che eri abituata a stirarti pure le lenzuola! A me, che non mi stiro nemmeno le camicie!
Chissà tu cosa hai pensato.
Io sono tornata a casa e, come sempre mi accade quando ho emozioni forti, mi è venuto un mal di testa feroce. Ho saputo poi che a te, come sempre ti accade quando hai emozioni forti, è salita la febbre.
Poi ci siamo incontrate ancora, e piano piano ci siamo imparate a conoscere…è stato difficile trovare qualcosa da fare, finché non abbiamo avuto il permesso di entrare in casa…
A volte l’ho pensato: cavolo, con un bambino sarebbe stato più facile, me lo sarei portato al parco giochi e risolvevo il pomeriggio, ma a quel punto io conoscevo te, e non ti avrei scambiata nemmeno con 30 neonati!
La vita vera comincia con la convivenza.
Il 30 marzo sei venuta con la tua enorme valigia gialla, l’abbiamo sistemata negli armadi, ed è iniziata quella vita che tutte e due avevamo immaginato, sperato, temuto…Ha superato da subito qualsiasi aspettativa.
Ricordo quella prima notte in cui, prima di dormire, ti ho detto che era stato il giorno più bello della mia vita, e ho subito pensato che ero stata stupida a dirtelo. Tu avevi sofferto il distacco dalla casa famiglia e soprattutto dai tuoi fratelli minori, se la mia gioia era piena, la tua non poteva esserlo.
Avrei imparato velocemente che i genitori, gli educatori, gli adulti in generale, fanno un sacco di cazzate e che forse è un bene, perché poche cose sono più pericolose di un genitore che vuole essere perfetto. E la cosa che aiuta di più a non cadere nella tentazione della perfezione…è un adolescente che ti rimette al tuo posto.
Prima ho detto genitore perché questo titolo me l’hai dato tu…
Mi hai chiamata Mamma, per la prima volta, una notte di fine giugno.
E poi che… mentre urlavi mamma non mi lasciare, tienimi la mano fossero le tre di notte, che tu fossi ubriaca fradicia in mezzo alla strada, che stessimo piangendo disperate tutte e due, e che un ragazzino autoproclamatosi tuo fidanzato da qualche ora stesse lì a chiedere se poteva fermarsi a dormire a casa nostra…Questi sono dettagli, no?
Piano piano ci siamo mostrate l’una all’altra sempre più vere, umane, imperfette…
Per il mio compleanno mi hai scritto una lettera meravigliosa che mi ha fatto piangere e ogni tanto la rileggo, e alcuni passaggi li so a memoria e me li ripeto nella mente quando ne ho bisogno. Dicevi, tra le altre cose, che temi di non dimostrarmi il tuo amore.
Ma lo sai quand’è che io davvero mi sento tua mamma? Quando sento di avere la tua fiducia, di essere responsabile per te, e -scusami ma anni di psicanalisi lacaniana mi fanno parlare così- di avere un posto speciale nel tuo desiderio. Quando la mattina ti sveglio e tu inizi a urlare, piagnucolare, resistere, rispondere male.
Non fraintendermi: le mattine in cui ti svegli da sola sono più semplici, ma in quelle altre penso: ecco, sono esattamente dove devo essere.
E in fondo mi rendo conto che, citando te, sei grande, ma sei piccola, e che quelle piccole cose che sognavo di fare con una bambina, sono le stesse che vivo con te…Che? Non lo dovevo scrivere sui social che quando devi fare i compiti ti nascondi sotto al tavolo? Ops…
Ma che quando ci abbracciamo e il mio cuore è vicino al tuo sento che tutto è a posto e non manca nulla, questo lo posso dire?
Forse se tu fossi stata bambina alcune cose sarebbero state diverse, ma sapere che tu, in questa età così difficile, ogni giorno scegli di stare con me, sapere che scegli di restare perché ti senti a casa…è una grazia che a volte mi pare di non meritare”.
(Una MammaMatta di bambina grande, ma piccola)

			
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