Quante famiglie non hanno potuto accogliere in affido o in adozione, perchè hanno un figlio con disabilità? Quante di loro, in sede di valutazione, si sono sentite giudicate dagli operatori solo per aver provato questo desiderio? Sono tanti i pre-giudizi con cui ci si scontra, pregiudizi che privano i minori di trovare La famiglia giusta; e tante coppie di poter sostenere la crescita di un altro bimbo (grande o piccino che sia).
“Buongiorno,
sono una docente a tempo indeterminato e sono responsabile degli affidi e delle adozioni presso il mio Istituto. Mio marito ha un lavoro altrettanto stabile e siamo sposati da 15 anni. Abbiamo un figlio adolescente e, quattro anni fa, abbiamo presentato domanda di adozione nazionale al Tribunale per i minorenni del nostro territorio.
Il percorso è stato comune a tutte le altre coppie: inizialmente abbiamo avuto un incontro con le forze dell’ordine, successivamente incontri con psicologo e psichiatra che hanno avuto tutti esiti positivi.
Siamo poi andati dai servizi sociali e mentre per il primo colloquio non abbiamo incontrato alcuna difficoltà, dal secondo in poi ci hanno detto che essendo genitori di un disabile non potevamo continuare il percorso. Ci siamo opposti dichiarando fin da subito che non conoscendo la nostra condizione si trattava di un pregiudizio per cui abbiamo chiesto di poter continuare e così è successo, senza incontrare nessuna ulteriore difficoltà.
Al termine degli incontri, però ci hanno detto che la relazione era negativa perché genitori di un disabile. La disabilità di nostro figlio è disturbo dello spettro autistico. Ci siamo di nuovo opposti sperando di poter spiegare meglio tutto al giudice. Ed in effetti ciò è accaduto e il Giudice ci ha inserito all’interno della lista per le adozioni nazionali ma con la postilla della relazione dei servizi sociali e ci ha consigliato di andare avanti con l’adozione internazionale.
Abbiamo chiesto di cambiare operatori per il percorso dei servizi sociali ed il giudice ce lo ha consentito. La psicologa con cui abbiamo fatto il percorso ci ha ascoltato e non ha mai manifestato difficoltà nei nostri confronti anzi ci ha spiegato che lei da ex direttrice di una casa famiglia non avrebbe avuto nessun problema a farci adottare bambini.
Il giorno della visita domiciliare abbiamo avuto di nuovo un assistente sociale della prima equipe con la quale avevamo riscontrato problemi. Alle sue domande abbiamo risposto in modo cordiale e preciso ma lei non ascoltava e ha cominciato a parlare di criticità riguardo nostro figlio e, quasi come se noi fossimo delle persone superficiali e inconsapevoli di ciò che stavamo facendo, ci ha detto che avevamo una criticità e quindi non era il caso di adottare. Quando le ho mostrato le foto della nuova casa con più camere dove ci saremmo trasferiti non ha voluto nemmeno guardarle e ci ha chiesto di uscire fuori al balcone per fumare una sigaretta. Ha continuato a fare osservazioni riguardo al panorama della casa e poi ha detto che doveva andare via.
Ci siamo ritrovati una relazione negativa e siamo rimasti sbalorditi. Mi sono più volte chiesta ma che senso ha una visita domiciliare di una persona che non ascolta parla per dieci minuti dicendo frasi standard.
Da ciò abbiamo fatto ricorso alla Corte d’appello che per fortuna è stato accolto. Ci siamo affidati ad un avvocato ed ad un CTU. Durante uno degli incontri il CTU del Tribunale ci ha confermato che era amico della psicologa e dell’assistente sociale che ci avevano dato valutazione negativa: dopo vari incontri durante i quali abbiamo cercato sempre, in tutta sincerità, di spiegare la situazione, ci ha rilasciato una relazione negativa sostenendo che “noi stavamo bene cosi”. Ovviamente cosa non vera per quanto mi riguarda altrimenti non cominciavamo proprio il percorso dell’adozione. Mi ha consigliato di piangere di più e di non progredire nella mia carriera lavorativa e di non inserirmi più in maniera attiva nel volontariato e nelle mie altre attività personali.
Durante il percorso siamo dovuti andare da uno psicologo clinico che poi ho capito serviva a lui per giustificare il suo pensiero di coppia valida ma con un figlio disabile per cui non potevano adottare.
Ovviamente ho tutti i documenti di ciò che ho qui riassunto.
Ho cercato altre persone con figli disabili che hanno adottato e nessuno di loro ha avuto un fallimento adottivo. Non c’è nessuna legge che vieta a coppie con figli di poter far richiesta di adozione, intanto però ci ritroviamo oggi a dover pagare le spese legali e del Ctu senza considerare gli anni spesi a livello emotivo e sempre a disposizione per ogni incontro.
Abbiamo coinvolto nostro figlio in questa iniziativa per essere travolti da questa spiacevole situazione. Ho deciso di scrivere perché mi sembrava assurdo sentire i continui appelli del papa, del Ministro della famiglia verso l’adozione dei minori. Bisognerebbe invece indagare cosa succede a tutte le coppie che fanno domanda di adozione e che vivono queste situazioni. Noi siamo in grado di poter dare amore, accoglienza, educazione ed un futuro a dei minori in attesa di famiglia. Noi sappiamo e ci rendiamo conto cosa significhi il trauma dell’abbandono e le criticità che ne conseguono. Abbiamo nuovamente fatto domanda di adozione nazionale sperando di ritrovare degli operatori in grado di comprendere la situazione senza pregiudizi. Il tutto è veramente disarmante, pensare che mio figlio non abbia il diritto di avere fratelli e sorelle e che ci sono tanti bambini che vorrebbero una famiglia che possa dedicarsi a loro.
Intanto vi ringrazio per la possibilità di dare voce a queste situazioni che coinvolgono le famiglie che in piena consapevolezza vogliono accogliere”.
Una MammaMatta (consapevole di poter accogliere)
Mandaci la tua testimonianza ad affidiamoci@affidiamoci.it (la pubblicheremo in forma anonima)
Davvero disarmante . È necessario parlarne come qui e fare rete per non darla vinta a tanta arrogante ottusità e contrastare questa tendenza a una chiusura autoritaria retrograda che speravo di non vedere più e invece avanza