PERCHE’ L’AFFIDO NON DECOLLA IN ITALIA?


In Italia, l’affido familiare è una misura prevista dalla legge, ma viene scandalosamente sottoutilizzata. Questo nonostante sia una soluzione non solo più adatta al benessere psicologico ed emotivo dei bambini, ma anche incredibilmente vantaggiosa per le finanze pubbliche. Il paradosso è evidente e inaccettabile: migliaia di bambini restano istituzionalizzati per anni in strutture, mentre l’affido potrebbe garantire loro un ambiente familiare e, al contempo, far risparmiare ai comuni centinaia di milioni di euro ogni anno.

I numeri sono impietosi. Secondo l’ultimo rapporto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, circa 13.000 minori vivono in affido familiare, mentre oltre 14.000 sono ancora ospitati in strutture. È una proporzione folle, soprattutto se si considera che la legge 184 del 1983 – riformata nel 2001 – stabilisce chiaramente che il minore ha diritto a crescere in una famiglia, un diritto che resta sulla carta per troppi bambini, in particolare per quelli tra zero e sei anni, l’età in cui un ambiente familiare è cruciale per lo sviluppo emotivo e cognitivo.

 

  • L’affido rispetta il diritto del minore di crescere in famiglia

La legge n. 184 del 1983, riformata nel 2001, è chiara affermando con forza che ilil minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”, quando ciò non è possibile il bambino, specialmente se di età compresa tra zero e sei anni, ha il diritto prioritario di crescere in una famiglia affidataria o adottiva. L’inadempienza sistematica di questo principio, soprattutto nei primi sei anni di vita (un periodo cruciale per lo sviluppo emotivo e cognitivo) rischia di compromettere le basi su cui i bambini costruiranno la propria identità. La permanenza in una struttura, per quanto adeguata, non può sostituire l’esperienza di una famiglia.

Studi e ricerche hanno infatti dimostrato ampiamente che vivere in una struttura per periodi prolungati ostacola lo sviluppo delle capacità relazionali e cognitive, generando sentimenti di abbandono e insicurezza. Minori di qualsiasi età, istituzionalizzati per anni, rischiano di crescere privi di un punto di riferimento stabile, un elemento essenziale per costruire fiducia in se stessi e negli altri. L’ambiente familiare, invece, offre opportunità uniche per l’apprendimento sociale e affettivo contribuendo a formare futuri individui (cittadini!) equilibrati, capaci di affrontare le sfide della vita con resilienza.

Le comunità, quindi, dovrebbero (tornare ad) essere solo una soluzione temporanea ed estrema, utilizzata quando non vi siano alternative praticabili. Eppure non è così: oggi, in Italia, nella maggior parte dei casi, il diritto dei bambini è sistematicamente violato. I minori, una volta allontanati dalle famiglie di origine, vengono spesso parcheggiati nelle comunità per anni – talvolta fino alla maggiore età – in una sorta di abbandono istituzionalizzato.

Questa la realtà, nonostante le alternative praticabili ci siano: perchè le famiglie affidatarie ci sono!  E associazioni come la nostra, impegnata soprattutto nell’accoglienza dei minori con bisogni speciali, ne è un esempio a livello nazionale.

 

  • L’affido: una scelta vantaggiosa per le casse comunali

L’affido familiare è una misura che, oltre a essere più adatta al benessere psicologico del minore, comporta costi nettamente inferiori rispetto al mantenimento di un bambino in una struttura residenziale. Secondo i dati disponibili, un minore accolto in affido costa mediamente ai comuni circa un terzo rispetto a quanto si spende per il suo mantenimento in una comunità.

Secondo i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, per fare un esempio pratico, mantenere un bambino in una struttura può costare dai 100 ai 150 euro al giorno, a seconda dei servizi offerti e della regione. Questo significa una spesa che può oscillare tra i 36.500 e i 54.750 euro all’anno per ogni minore. Al contrario, il costo giornaliero di un affido familiare si aggira intorno ai 30-50 euro, equivalenti a circa 10.950-18.250 euro annui. Il risparmio per le casse comunali è evidente e può superare i 30.000 euro annui per ogni bambino affidato.

Considerando che in Italia ci sono circa 14.000 minori ospitati in strutture, una maggiore diffusione dell’affido potrebbe generare un risparmio complessivo per i comuni che si avvicina al mezzo miliardo di euro all’anno. Queste risorse potrebbero essere reinvestite per migliorare i servizi sociali, finanziare percorsi di formazione per gli affidatari, o sostenere le famiglie d’origine. E invece, rimangono intrappolate in un sistema inefficiente e arretrato.

 

  • Perché l’affido non decolla?

Le cause di questa situazione sono molteplici. Innanzitutto, esiste una diffusa mancanza di informazione sull’affido familiare e sulle sue modalità. In primo luogo, c’è una drammatica mancanza di informazione: molte famiglie potenzialmente interessate non sanno nemmeno di poter diventare affidatarie. Questo vale soprattutto per coppie omosessuali e single che, nonostante siano perfettamente idonee secondo la legge, spesso non vengono coinvolte o vengono scoraggiate da pregiudizi culturali radicati.

A ciò si aggiunge la difficoltà per molte famiglie desiderose di formarsi di trovare centri in cui farlo, perchè molti  comuni non offrono percorso formativi opportuni.

E ancora, i servizi sociali territoriali sono spesso sottodimensionati e carenti di risorse. Questo limita la capacità di promuovere e gestire i progetti di affido e accompagnare in modo adeguato la famiglia affidataria, lasciando spazio a soluzioni più rapide ma meno efficaci, come il ricorso alle strutture.

 

 

 

3 thoughts on “PERCHE’ L’AFFIDO NON DECOLLA IN ITALIA?

  1. Purtroppo credo che nella mia zona non ci sia la volontà di cercare una sistemazione a questi ragazzi. Purtroppo per esperienza personale molte assistenti sociali credono che la struttura sia meglio di una famiglia o una persona che potrebbe avere comportamenti disfunzionali.
    Secondo me è questa la verità.

    1. Che molti assistenti sociali credano che la struttura sia la soluzione “più funzionale” o “praticabile” lo crediamo anche noi. Forse però perchè loro stesse, spesso, non si sentono per prime sostenute nel loro lavoro? forse perchè non riescono a lavorare in rete con gli altri attori del sistema? Perchè c’è anche da dire che gli assistenti sociali non sono i soli a dover lavorare su un progetto affido, sono chiamati in causa anche: il tutore (spesso latitante), il curatore, il giudice…

  2. Cosa non farei per avere in affido una bambina/o con bisogni speciali.
    Mi chiedo ,come si puo’ mandare indietro un figlio ?

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